LA PURIFICAZIONE DEL DESIDERIO (Mc 7, 14-15.20-23)

In quel tempo, chiamata di nuovo la folla, Gesù diceva loro: Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. E diceva: Ciò che esce dall’uomo è quello che rende impuro l’uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo.

(Mc 7, 14-15.20-23)

Il nostro percorso OFS di quest’anno ci fa riflettere sul Vangelo del desiderio e attraverso le domande di Gesù -che affrontiamo nei nostri incontri- vediamo come veramente Egli smuove la vita e fa emergere i desideri più profondi. Dobbiamo però constatare che questi desideri non sempre sono in sintonia con la volontà di Dio e con il Vangelo anzi, a volte muovono proprio dalla parte opposta. L’incontro di oggi allora vuole affrontare la purificazione del desiderio. Purificare è l’azione con cui si purifica, si rende puro ciò che non lo è (purum facere). La parola stessa purificazione richiama la situazione di impurità dalla quale bisogna liberarsi. Il desiderio spinge tutto l’uomo verso un obiettivo che può essere una persona, una cosa o anche un’esperienza, inclusa l’azione che ne consegue. Nell’epistolario paolino spesso desiderio è usato in senso negativo: si parla di cattivo desiderio, voglia perversa, desiderio del male, concupiscenza. S. Paolo in più parti delle sue lettere espone un lungo elenco di malvagità provenienti dal cuore: ingiustizia, cupidigia, malizia, invidia, omicidio, frode, lite, malignità, maldicenza, arroganza, superbia… Rm 1, 29; Rm 13, 13; Gal 5, 19-21; ecc….

Nei Vangeli Gesù è ben lontano dal considerare innocuo il desiderio per il fatto che opera ‘soltanto’ nella sfera del pensiero e delle aspirazioni del cuore e non immediatamente in quella dell’azione. In alcuni passi del Vangelo è chiaro che Gesù considera il desiderio come peccato capace di sviluppare una forte potenza distruttiva: il desiderio infrange il legame coniugale (Mt 5, 28 “chiunque guarda una donna per desiderarla ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”); il desiderio “soffoca la parola” (Mc 4, 19 dove le preoccupazioni del mondo e le passioni , paragonate ai rovi, soffocano la parola e non permettono di dare frutto). Per Gesù anche il desiderio cattivo -non meno dell’azione cattiva- è emanazione e segno di un cuore perverso che ormai si è separato da Dio. Nel brano del Vangelo scelto per il nostro incontro Gesù ribadisce con forza che l’uomo è reso impuro da ciò che porta nel cuore e da ciò che lascia entrare nel cuore. Questo testo riguarda la disputa con i farisei circa il rituale di purificazione previsto per gli alimenti. I farisei domandano a Gesù: “Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?” (Mc 7, 5). Gesù afferma che non sono le mani ad essere impure, ma il cuore; siamo preoccupati dell’immagine, di apparire osservanti e puliti e si tralascia di custodire il cuore dove si annidano i cattivi pensieri. Secondo Gesù dal nostro cuore escono “propositi di male: impurità, furti, omicidi, adulteri, invidia, inganno, ecc… “ (Mc 7, 21-22). Ciò che è impuro e cattivo sta dentro, non fuori. Gesù ci porta a guardare il cuore -in greco kardìa- come la sede dei sentimenti siano essi di gioia o di dolore, di tranquillità o di agitazione. Il cuore è sede dell’intelletto e della conoscenza, delle facoltà come anche della stoltezza; dal cuore proviene anche la volontà, l’intenzione e anche la decisione pronta a passare all’azione. Il cuore rappresenta l’uomo con tutti i suoi impulsi nella sua interezza, la personalità tutta intera, la sua vita interiore, il suo carattere. Il cuore diviene l’organo per il quale si prende posizione di fronte a Dio, nella fede aderendo alla sua legge come anche nell’indurimento lontano da Lui. La Scrittura dice: “Un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso” (Sl 64, 7); Gesù dice: “ …voi…che siete cattivi” (cfr Lc 11, 13; Mt 12, 34); s. Giovanni afferma che “se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1Gv 1, 8); il cammino quaresimale appena iniziato, con l’imposizione delle ceneri ci ha chiesto di convertirci “Convertiti e credi nel Vangelo”; il padre s. Francesco addirittura afferma che a noi “appartengono solo vizi e peccati” (Rnb XVII; FF 48). E’ anche facile riconoscere che i nostri desideri e passioni non sono secondo Dio perché tutti ne facciamo esperienza. Tutti siamo orgogliosi, tutti facciamo qualcosa per essere ammirati dagli altri oppure per non essere visti dagli altri, in alcune occasioni ci scopriamo superbi, ci piace che prevalga il nostro modo di vedere le cose, avere sempre ragione, che la nostra parola sia l’ultima; ci si arrabbia facilmente anche solo per una parola che non ci va; attraverso lo sguardo riempiamo il cuore di immagini che ci formano ad una mentalità mondana; non siamo generosi nel servire gli altri, anzi ci piace essere serviti; pretendiamo e non doniamo, pensiamo male degli altri giudicandoli… Dobbiamo pulire il cuore e chiedere a Dio che ce lo pulisca perché Dio solo è datore di purezza e a Lui dobbiamo rivolgerci perché purifichi i cuori e il cuore divenga pulito come un cielo nel quale è possibile vedere Dio.

  • Mi sento a posto o qualcosa non va nel mio cuore?
  • Curo l’apparire e l’immagine senza vigilare sul cuore?
  • Mi sento giusto o mi sento peccatore?
  • Ho desideri e pensieri cattivi?
 

Il primo passo nella via della purificazione è riconoscere la propria condizione di peccatori magari abituandosi a fare l’esame di coscienza ogni sera. Conoscere i propri peccati e consegnarli a Dio che è l’unico che può purificare. Consegnare i propri peccati indica rinunciare a salvarsi da soli e rimettersi nelle mani di Dio, significa avere bisogno di un Salvatore. La prima tentazione che si vince dunque è quella di dover sempre dimostrare a se e agli altri che ce la facciamo da soli, che siamo capaci di tutto e non abbiamo bisogno di nessuno. Ammettere le cadute è prendere la strada per rialzarsi, ammettere miserie e fallimenti è il primo passo per guarire e per liberarsi di se stessi. Ammettere gli sbagli fatti e chiedere perdono nel sacramento della Riconciliazione. Dio solo è colui che purifica, che può pulire il nostro cuore: “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 25-26). Dio solo purifica e nel Salmo 51 gli chiediamo: “Crea in me, o Dio, un cuore puro” (Sl 51, 12). Il verbo creare ‘barà’ è riservato a Dio, riferito unicamente all’azione creatrice di Dio e indica l’atto con cui Dio pone nell’esistenza una cosa nuova; lo stesso verbo barà si trova in Genesi, nei capitoli della creazione! Dio purifica ma chiede a noi di lasciarci purificare collaborando attivamente.

C’è un momento della vita di Gesù dove questa purificazione ci raggiunge maggiormente ed è il momento della sua morte. L’evangelista Giovanni racconta un particolare che i sinottici omettono ed è il colpo della lancia. Nei sinottici, Matteo, Marco e Luca la morte di Gesù viene fatta coincidere con eventi impressionanti: tenebre, terremoto, morti che risorgono. Giovanni omette tutto ciò e fa invece culminare il suo racconto in un episodio che a prima vista sembra del tutto secondario: il gesto di un soldato che, con la lancia, trafigge il costato di Gesù dopo che era già morto, e il fatto che dal costato trafitto subito sgorgarono sangue ed acqua. Se Giovanni mette al culmine della narrazione questo fatto è perché vi annette un significato profondo certamente legato al significato simbolico del sangue e dell’acqua. Per Giovanni la Passione è la rivelazione per eccellenza dell’amore che Gesù ha per i suoi, per noi; è il segno dell’amore che il buon pastore porta al suo gregge (Gv 10, 14-16). Tutta la seconda parte del Vangelo di Giovanni si svolge alla luce di quelle parole: “Avendo amato i suoi, che erano nel mondo, li amò fino alla fine” (Gv 13, 1) quasi ad indicare una pienezza che nessuno potrà mai superare. Quando dall’alto della croce dopo aver preso l’aceto Gesù dice: “E’ compiuto” (Gv 19, 30) è come se dicesse: la rivelazione dell’amore è compiuta! e questa pienezza d’amore diventa visibile nella trafittura del cuore. La ferita del Cuore di Gesù è segno di quell’amore totale con cui Egli ama il Padre e noi sue creature. Il sangue e l’acqua che sgorgano dal costato aperto del Redentore sono il segno luminoso dell’amore sconfinato (sangue) che ha portato Gesù a morire per noi sulla croce e insieme il pegno dello Spirito (acqua) che è il frutto del sacrificio redentore. Dunque sangue di redenzione e acqua della vita.

SANGUE DI REDENZIONE La Scrittura dice che “il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato” (1Gv 1, 7) ed è grazie a questo “sangue prezioso di Cristo che siamo liberati dalla nostra vuota condotta” (cfr 1Pt 1, 18-19); “comprati a caro prezzo” (1Cor 6, 20; 7, 23); “liberati dai nostri peccati con il suo sangue” (Ap 1, 5). Il sangue di Gesù allora opera la nostra purificazione e la Scrittura dice ancora che “Cristo è morto per noi mentre eravamo ancora peccatori” (Rm 5, 8) e che è “la bontà di Dio che ci spinge alla conversione” (Rm 2, 4). Gesù è morto e si offre ancora ogni giorno per noi nonostante che noi ancora siamo peccatori. Il suo è un amore assai più grande del nostro peccato e ciò che ci purifica e ci libera dall’autosufficienza è sentire su di noi tutta la bontà dell’amore sconfinato di Gesù; guardare a Colui che per noi è stato trafitto (Gv 19, 37; Zc 12, 10). Ci purifica il lasciarci amare, il rimanere sporchi e nudi, senza giustificarci sotto lo sguardo di questo amore che non giudica ma accoglie e che non dipende da noi e dalle nostre eventuali buone azioni. Non lo meritiamo, è puro dono di Dio ed è l’amore gratuito e incondizionato che converte, l’amore che non chiede di dimostrare qualità per essere amati: l’amore gratuito non si compra, si riceve! E’ il sentirsi amati in questo modo unico e speciale che pulisce il cuore: “Dove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5, 20). “Tutte le cose vengono purificate con il sangue e senza spargimento di sangue non esiste perdono” (Eb 9, 22). Il sangue purifica dai peccati i membri della Chiesa. Dio cancella la colpa dalla vita dell’uomo che gli confessa con fiducia i propri peccati. Nel sangue è riposta una forza capace di santificare (Eb 13, 12) e di vincere tutto ciò che è contrario a Dio (Ap 12, 11). Dalla morte di Gesù, dal suo Cuore aperto viene una forza che trasforma e rinnova la vita di coloro che accolgono la redenzione. E…a proposito del Cuore…vorrei appena accennare ai miracoli eucaristici. Più volte, nel corso della storia della Chiesa, è avvenuto che ostie e vino consacrati -molto spesso in seguito a un dubbio del celebrante- si sono mutati in carne e sangue. In tutte le analisi e ricognizioni fatte su questi campioni di carne, dal miracolo di Lanciano dell’VIII secolo ai miracoli di Buenos Aires del 1996, il risultato è sempre il medesimo. Le analisi di laboratorio dicono che si tratta di tessuto di carne umana e precisamente è il tessuto muscolare del cuore, il miocardio con il ventricolo sinistro. La carne e il sangue dimostrano di appartenere ad una persona ancora viva perché si riscontra lo scambio dei globuli bianchi e ci sono le reazioni chimiche proprie degli esseri viventi ancora in vita. Il miracolo di Lanciano risale all’VIII secolo ma vere e proprie ricognizioni sono cominciate nel 1970 (12 secoli più tardi!) e i campioni prelevati non erano di un cadavere ma come prelevati il giorno stesso dalle analisi su una persona vivente. Pensiamoci domani quando faremo la comunione a Messa: all’apparenza è una particola bianca, nella realtà è il miocardio del Cuore di Gesù e chi conosce un po’ di medicina sa che dal ventricolo sinistro del cuore arriva il sangue purificato!

  • Il sangue di Gesù mi purifica. Mi lascio lavare?
  • Mi lascio amare?
  • Mi giustifico davanti all’amore di Gesù o mi arrendo tra le sue braccia?
  • E’ sangue di redenzione: ne ho bisogno o posso farne anche a meno?
 

ACQUA DELLA VITA L’acqua della vita che sgorga dal Cuore trafitto di Gesù è lo Spirito Santo. L’Amore infinito di Dio è riversato su di noi (cfr Rm 5, 5). Anche lo Spirito Santo purifica i nostri desideri e i nostri peccati. Come? Gesù dice che lo Spirito è Colui che ci convince dei nostri peccati, ce li fa vedere: “…quando sarà venuto dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato…” (Gv 16, 8). Quindi innanzi tutto dobbiamo chiedere a Lui che ci illumini per vedere dove è attaccato il cuore, quali sono i nostri affetti disordinati, com’è la nostra vita, dove stiamo andando. Nella sequenza dello Spirito Santo Lo invochiamo dicendo: “Lava ciò che è sordido”. Sordido significa sporco, sudicio, quindi a lui chiediamo di toglierci lo sporco di dosso, di lavarci. Gesù aveva promesso l’invio dello Spirito nel discorso di addio del Vangelo di Giovanni e molto esplicitamente l’ultimo giorno della festa delle Capanne: “Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva. Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7, 37-39). Lo Spirito, acqua viva che sgorga dal Cuore di Gesù, ci purifica perché prima ci fa vedere il male dentro di noi e poi ci dà la forza e lo slancio per rinnegare noi stessi, morire e vincere noi stessi immettendoci inevitabilmente nella lotta perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne e queste cose si oppongono a vicenda (Gal 5, 17). Di questa lotta tra i desideri cattivi e i desideri buoni ne fa esperienza s. Paolo e ce la racconta nella lettera ai Romani: “…io so che in me non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio…quando voglio fare il bene, il male è accanto a me” (Rm 7, 18-21). Con questa descrizione si conclude il capitolo 7 e il capitolo successivo, l’ottavo, si apre -quasi come risposta e soluzione a questa lotta- con “la vita nello Spirito”: “La legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte” (Rm 8, 2). “Se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete” (Rm 8, 13) e anche nella lettera ai Colossesi dice la stessa cosa: “Fate morire ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi…” (Col 3, 5). Lo Spirito fa morire insegnandoci a dire di NO a tutto ciò che è cattivo; taglia in noi il legame e l’attrattiva che abbiamo con il peccato. E’ lo Spirito che ci permette di non dare soddisfazione alle impurità del cuore “Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne” (Gal 5, 16). Lo Spirito è molto concreto e per insegnarci a dire NO e a “rinnegare l’empietà e i desideri mondani” (Tt 2, 12) ci spinge a vivere in profondità il quotidiano talvolta pesante e oscuro. Ci purifica lì dove siamo, utilizzando quello che facciamo, ci purifica attraverso quello che ci capita e attraverso le persone che abbiamo accanto. Lo Spirito ha il compito di mettere la carità nel cuore (Rm 5, 5) e sappiamo che la carità “ non manca di rispetto, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7). Può essere che per farci morire lo Spirito Santo ci chieda di regalare sorrisi. SORRIDERE è facile per tutti ma forse quello che non è facile è sorridere a tutti. Ricchi e poveri, buoni e cattivi, tutti siamo capaci di fare un sorriso, ma talvolta esso è condizionato dalla persona che abbiamo davanti. Per antipatia, per risentimento, per malumore, per il ricordo di qualche sgarbo subito e far vedere che siamo rimasti offesi possiamo trattenerci dal sorridere e dall’essere cortesi. Ecco, lo Spirito ci purifica lì; attraverso un sorriso ci fa dimenticare noi stessi e le nostre ragioni, ci fa capaci di superare resistenze e chiusure. Costa, ma purifica. Oppure lo Spirito ci spinge a CHIEDERE SCUSA. Nelle nostre relazioni a volte siamo nervosi, maleducati, manchiamo di rispetto … chiedere scusa è ammettere la propria colpa a voce alta, riconoscersi mancanti, prendersi le proprie responsabilità. Costa, ma purifica. Lo Spirito può purificarci attraverso QUELLO CHE CI CAPITA. Una giornata faticosa, un imprevisto; accettare in pace ciò che non vogliamo e che non avremo scelto ci purifica: la sofferenza purifica e pulisce. Un altro modo per pulire il cuore è quello di PREGARE PER QUANTI CI TRATTANO MALE (Lc 6, 28). Benedire quanti in qualche modo ci fanno soffrire è una forma di purificazione che libera il cuore e mette la pace perché dimostra che ci sganciamo dal vortice del male che porta a odiare.

Sono solo alcuni piccoli esempi di quante occasioni offre il quotidiano e che l’acqua della vita dello Spirito usa per lavarci e purificarci insegnandoci a poco a poco a “far morire le opere della carne” (Rm 8, 13), a dire NO a tutto ciò che si oppone al Vangelo, a dire NO al proprio egoismo. Il nostro io troppo ingombrante e troppo sicuro di sé sporca il cuore, lo rende pesante e impuro; l’acqua viva dello Spirito che sgorga dalla Croce lava il peccato e dona purezza.

Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda gratuitamente l’acqua della vita” (Ap 22, 17).

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