Prendersi cura della fraternità

“Nei diversi livelli, ogni fraternità è animata e guidata da un consiglio e un Ministro (o Presidente), che vengono eletti dai Professi in base alle Costituzioni. Il loro servizio, che è temporaneo, è impegno di disponibilità e di responsabilità verso i singoli e verso i gruppi. Le fraternità al loro interno si strutturano, a norma delle Costituzioni, diversamente secondo i vari bisogni dei loro membri e delle loro regioni, sotto la guida del Consiglio rispettivo.”
(Regola OFS art. 21)
“l’ufficio di Ministro o di Consigliere è un servizio fraterno, un impegno a sentirsi disponibile e responsabile nei confronti di ogni fratello e della fraternità, affinché ognuno si realizzi nella propria vocazione e ogni fraternità sia una vera comunità ecclesiale”.
(Regola OFS Costituzioni Generali art. 31,2)

Continuando il nostro percorso, che vi vede impegnati nella preparazione del prossimo Capitolo, vogliamo dire qualcosa in merito al prendersi cura della fraternità partendo dalla Regola e dalle Costituzioni. La vostra Regola, al n. 21, parlando della fraternità guidata da un Consiglio e un Ministro dice che il loro servizio

è impegno di disponibilità e di responsabilità verso i singoli e verso i gruppi.

Le Costituzioni Generali riprendono quanto detto e all’art. 31, 2 ribadiscono che:

“l’ufficio di Ministro o di Consigliere è un servizio fraterno, un impegno a sentirsi disponibile e responsabile nei confronti di ogni fratello e della fraternità, affinché ognuno si realizzi nella propria vocazione e ogni fraternità sia una vera comunità ecclesiale”.

Ciò che la fraternità deve coltivare, al suo interno, è un impegno di disponibilità e di responsabilità. Disponibile deriva dal latino DISPÒNERE composto da DIS= distribuzione e PONERE che indica un porre, un sistemare. Quindi quello che ci sta intorno è disponibile quando lo poniamo, lo sistemiamo con un certo ordine, in un certo luogo. Disponibile riferito a una persona significa che di quella persona ne possiamo disporre, cioè la possiamo utilizzare, ce ne possiamo servire. Una persona disponibile sta in fraternità mettendo a disposizione di tutti le proprie capacità, le idee, i progetti, il tempo … come una persona che può essere utilizzata, che si lascia usare. L’altro atteggiamento è l’essere responsabili. Tale termine deriva dal latino RESPONDERE che significa rispondere alle esigenze, agli impegni; RESPONDERE ABILIS cioè abile a dare una risposta, a rendere ragione delle proprie azioni. Una persona responsabile porta in fraternità la capacità di essere fedele ad un impegno assunto che sottintende l’accettazione delle conseguenze di quell’impegno. Il prendersi cura della fraternità è un compito che spetta a tutti, non solo al Ministro o al Consiglio ma a ciascun fratello, a ciascuna sorella. Ognuno deve portare il proprio contributo con un atteggiamento che costruisce, che edifica, che promuove il bene dei singoli e dell’intera fraternità. Costruire relazioni, costruire rapporti fraterni come piccole pietre che stanno vicine e si legano l’una all’altra per un bene comune.

“Avvicinandovi al Signore, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” (1Pt 2, 4-5).

Solo due versetti che ci indicano come possiamo prenderci cura insieme della fraternità; la fraternità fatta di tante piccole pietre, quanti siamo noi, che insieme costruiscono un edificio, una casa perché la fraternità deve essere una casa, cioè un luogo di relazioni autentiche e profonde. La casa non la fanno le mura ma le relazioni che lì dentro si vivono. Stare con gli altri può diventare un “essere a casa” anche se quello non è il mio domicilio.

Innanzi tutto, il brano che abbiamo ascoltato, ci dice che per costruire qualcosa dobbiamo avvicinarci a Gesù e legarci a Lui. La vecchia traduzione diceva stringendovi che ci può sembrare un’espressione più forte, ma è lo stesso. Ciascun membro della fraternità deve farsi vicino a Gesù, legarsi a Lui, avere con Lui un rapporto profondo, intenso, vitale. Lo scorso mese, nel vostro percorso, avete incontrato “La vite e i tralci” quindi ora non ci soffermiamo, però lo richiamiamo per ricordare quel pressante “Rimani in me, rimani in me; stai con me ed io rimango con te, dentro di te”. E’ da questa relazione con Gesù che scaturisce ogni “prendersi cura”; è Lui la pietra viva che mette vita nella nostra fraternità e fa di noi delle pietre vive, persone disponibili e responsabili che si lasciano usare, dunque, per costruire qualcosa.

Come si fa a costruire qualcosa insieme?

Lo dice Gesù nel Vangelo di Luca 6, 47-49. “Se vuoi costruire qualcosa che tiene, che dura, qualcosa di solido per prenderti cura della tua fraternità, devi scavare molto profondo e mettere le tue fondamenta sopra una roccia”. Lo sappiamo tutti molto bene che per costruire non si parte dal tetto ma dalle fondamenta per le quali occorre scavare, faticare, soffrire. E la roccia è: “Ascoltare la parola di Gesù e metterla in pratica” v. 47. Si costruisce fraternità quando io riesco a scendere giù, nel fondo di me, nella terra umida e sporca della mia vita, lì dove non vorrei mai andare, lì dove nascondo tutto quello che non va, lì dove però mi aspetta Gesù! Dice il Salmo 139: “Se scendo negli inferi, eccoti”. A volte fuggiamo da noi stessi, impauriti, delusi, scontenti … fuggiamo, ma: “Dove andare lontano dal tuo spirito? Dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti!”. Questo nostro fondale diventa una roccia perché lì c’è Gesù ad aspettarci. Egli ci dice semplicemente di fare quello che ci chiede: fidati di me, seguimi. Ascoltiamo la sua Parola, e questo ogni giorno; in tanti modi Egli ci parla e più obbediamo, più la traduciamo concretamente nelle nostre scelte, nei gesti che compiamo, più ci rafforza, ci rende solidi e dalla terra umile delle nostre fondamenta a poco a poco cresce qualcosa.

San Pietro ci dice qual è il fine di questo costruire: “Per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo”. Potrebbe sembrare che non ci riguardi perché si parla di sacerdozio e noi non siamo sacerdoti. In realtà ci riguarda perché si tratta del sacerdozio comune dei fedeli. Cosa vuol dire? Noi siamo battezzati e quindi siamo stati incorporati a Gesù e alla sua Chiesa. Siamo sua proprietà e, di tutti noi, Egli fa il suo popolo santo al quale comunica, trasmette, tutto sé stesso rendendoci partecipi, tra gli altri doni, della funzione di sacerdote, re e profeta. Il dispiegarsi in noi della grazia del Battesimo invade tutte le dimensioni della vita personale, familiare, sociale. Ma come incide, il nostro sacerdozio santo nella vita quotidiana, quella spicciola e tante volte pesante? Al mattino ci alziamo e poi comincia la corsa tuffati nella giornata tra il lavoro, i figli, la casa, i problemi, il traffico ….

Il sacerdozio santo consente di offrire a Dio un culto a Lui gradito che si esprime in sacrifici provenienti dall’interno di noi. Sant’Agostino definisce “vero sacrificio qualsiasi opera che contribuisce ad unirci a Dio con una santa unione” e continua: “La stessa misericordia che ci fa soccorrere il nostro prossimo, se non è fatta per Dio, non è un vero sacrificio” (De Civitate Dei X, VI). Anche l’uomo, quando è tutto di Dio, diventa un sacrificio perché muore al mondo con l’intento di unirsi a Dio. Addirittura san Paolo dice di “Offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (cfr Rm 12, 1-2). Allora tutto ciò che compiamo, che viviamo, può diventare un culto, un’offerta, un sacrificio gradito ed è per questo che tocca da vicino il nostro quotidiano pesante e noioso o pieno di problemi. Tutti noi, consacrati con il Battesimo, quotidianamente abbiamo la possibilità di offrire a Dio un atto che esprime la nostra relazione con Lui per mezzo della quale stiamo nella fraternità come la pietra in un edificio e per il carattere sacerdotale che abbiamo possiamo offrire a Dio noi stessi, le nostre cose e perfino il mondo intero!

La LUMEN GENTIUM del Conc. Ecum. Vat. II al n. 34 così si esprime: “Tutte le opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo (1Pt 2, 5); e queste cose nella celebrazione dell’Eucaristia sono piissimamente offerte al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, operando santamente dappertutto come adoratori, consacrano a Dio il mondo stesso”. Quanto detto fino ad ora è ciò che ciascun membro della fraternità deve coltivare nella propria vita, lavorando su sé stesso, impegnandosi personalmente in un’intensa vita di preghiera. Riassumendo:

  1. Uniti a Gesù come i tralci alla vite, legati a Lui in un rapporto profondo con Lui.
  2. Persone che scendono dentro se stesse senza paura, nei propri inferi per un cammino riconciliato; persone che sanno stare con sé stesse, con i propri limiti e difetti; persone che conoscono i propri doni e li mettono a disposizione di tutti.
  3. Diventare capaci di fare un’offerta a Dio di tutto ciò che viviamo, che incontriamo perché tutto deve unirci a Lui.

Tutto ciò ci dà forma, ci plasma, ci leviga e rendendoci capaci di lavorare su noi stessi ci prepara a vivere bene e meglio lo stare nella fraternità. Un maggior impegno con me stesso è il primo passo per prendersi cura della fraternità semplicemente perché in fraternità ci sto come sono, ci porto quello che ho poco o tanto che sia. Quanto più imparo a “stare” con i miei limiti, i difetti e ci sto riconciliato, perdonato, tanto meglio so accogliere gli altri senza pretendere più di quello che possono dare perché anch’io do’ solo quello che posso. Se non so prendermi cura di me stesso, come posso prendermi cura degli altri? Veniamo ad alcuni approfondimenti.

  • La comunicazione in una fraternità è molto importante. Riusciamo a dirci le cose? Comunicare le informazioni, le condivisioni, i problemi?
  • “Realizzare la propria vocazione” (art. 31 CCGG) significa conformarsi sempre più a Gesù. Lo stile della mia vita, accanto ai miei fratelli, risponde a un cammino di trasformazione che porta a diventare Gesù? Ciò che “porto” in fraternità promuove o insidia il cammino dei miei fratelli/sorelle?
  • Gesù ha formato i suoi discepoli alla scuola della vita cioè partendo da quello che vivevano, che capitava. La vita della nostra fraternità con la sua routine e i suoi imprevisti è quella realtà che ogni giorno ci interpella. Riesco a fare, di quello che accade nella vita, (nella fraternità) una occasione di vita? Un disguido, un’incomprensione, criteri diversi per affrontare un problema sono occasioni di crescita, di vita? Oppure ci allontanano tra di noi? Come li viviamo?
  • “La fraternità sia una vera comunità ecclesiale” (art. 31 CCGG). La fraternità sono le persone che la compongono; se la persona fiorisce, la fraternità cresce e per fiorire, le persone, hanno bisogno di spazio, di respiro. La fraternità cresce e diventa viva nella misura in cui lascia spazio, coltiva, valorizza i doni di ciascun fratello/sorella, le sue qualità. Accade questo nella nostra fraternità?
  • E’ importante valorizzare e incoraggiare il dono di ciascuno per il bene comune, quindi anche sollecitando la responsabilità di ciascuno rispetto a i propri doni e anche ai propri limiti. Sono consapevole di essere un pezzo unico nella mia fraternità, una pietra preziosa necessaria perché la fraternità stia in piedi?
  • Prendersi cura implica dimenticarsi un po’ di se stessi per mettere al centro i bisogni degli altri come si fa con un bambino che cresce. Sono disponibile a mettere in secondo piano i miei bisogni?

Sono solo alcune domande per dare più concretezza al prendersi cura. Un Capitolo, ma anche la vita ordinaria della fraternità dipendono dall’apporto di tutti. Ogni piccola pietra, se pur l’ultima e quella meno evidente, ha un ruolo importante e attraverso il servizio, la disponibilità, il proprio contributo, permette a tutti di crescere e svilupparsi. Diventare consapevoli di questo può aiutare a prepararsi al Capitolo che sarà sicuramente un evento di grazia, ricolmo di Dio.