Prendersi cura della propria vocazione

ESSERE CUSTODI DELLA PROPRIA VOCAZIONE , ESSERE FEDELI … significa amare la propria vocazione, accoglierla come dono dalla mano del Signore, che ci chiama ad un compito-servizio particolare nella Chiesa, ad essere suoi collaboratori.

Mi sembra importante riflettere innanzi tutto sul dono della propria vocazione francescana, come dice la Madre s. Chiara “Conosci bene la tua vocazione” (FF 2823) il primo passo da fare in questo nostro breve percorso prima del vostro Capitolo elettivo, è quello di domandarsi : Chi sono, quale significato ha essere membro dell’Ordine francescano secolare oggi? Come vivo la mia vocazione francescana nel mio concreto quotidiano- in famiglia, al lavoro- lì dove sono chiamato a vivere, a dare “carne” ai valori professati? Dove dirigiamo i nostri passi come fraternità? quali “mete” desideriamo raggiungere? Queste poche domande ci aprono alla riflessione sul dono della nostra vocazione da alimentare e custodire. Sapere chi siamo e a quale punto siamo come fraternità ci aiuta a compiere delle scelte: quando siamo in auto il navigatore ci indica in quale punto preciso ci troviamo e dobbiamo inserire i dati che indicano dove vogliamo dirigerci, il navigatore ci mostrerà di volta in volta la strada che dobbiamo percorrere; questo un semplice esempio per la nostra riflessione: concretamente le scelte che farete al Capitolo vanno preparate, ed è importante, prima di “cercare persone da eleggere” membri del Consiglio, come fraternità domandarsi dove siamo e dove vogliamo andare, chi sceglierete di conseguenza si metterà al servizio della fraternità e con attenzione preparerà la strada facendola insieme alla fraternità, passo dopo passo. Questi mesi servono per preparare il cuore, prendersi cura, ravvivare il dono ricevuto ricercando tra “gli affanni quotidiani” ciò che è necessario.

Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella di nome Maria, la quale sedutasi ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non ti importa nulla che mia sorella mia mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose:«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha sceltola parte migliore, che non le sarà tolta». (Lc 10,38-42)

Ci lasciamo guidare in questa nostra riflessione da una pagina di Vangelo che abbiamo ascoltato molte volte, una pagina conosciuta ma che ha sempre qualcosa di nuovo da dirci. Entriamo nella scena: Gesù è in cammino, attraversa un villaggio e una donna lo accoglie nella propria casa, lo fa entrare lì dove abita, nell’intimità della propria abitazione: la casa è il luogo dove si vive il nostro quotidiano, il calore degli affetti. Marta accoglie Gesù nella sua casa e gli offre il conforto di un ristoro.

Marta cerca di offrire e di fare il possibile per questo “ospite” così importante, per il Signore. Se ci fermiamo a pensare l’atteggiamento di Marta è anche il nostro: quando invitiamo qualcuno nella nostra casa cerchiamo di “dare il meglio”, non accogliamo persone in stanze disordinate o senza offrire loro qualcosa di buono. Marta è una figura che ci è vicina, raffigura tanti nostri atteggiamenti, mette in evidenza anche i nostri desideri buoni di accogliere, di fare il bene, allo stesso tempo ci mostra l’insidia che sempre corriamo di lasciarci “prendere” dalle cose da fare al punto che diventino il tutto. Spesso preoccupazioni e pensieri travolgono la nostra vita e ci distolgono dal nostro rapporto con Dio, ma a ben pensare anche da un rapporto autentico con noi stessi e con gli altri.

Marta accoglie Gesù, ma finisce per agitarsi, muoversi qua e là … le parole di Gesù sottolineano la situazione di confusione in cui si trova Marta: “ti affanni” (il termine greco usato “merimnai” che letteralmente significa “essere affogati”, “in preda all’ansia”, diremo oggi) mette in evidenza le molte preoccupazioni, che sottraggono Marta da un ascolto autentico.

Nel nostro quotidiano ci sono tante cose: il lavoro, la famiglia, le spese a cui dover far fronte, gli impegni di vario tipo, che assorbono le nostre energie e pensieri al punto che il rischio è quello che esse diventino una sorta di labirinto dal quale non riusciamo ad uscire. Un altro affanno è dato dal confronto con la mentalità del nostro tempo di una società che spesso ignora i valori cristiani nei quali crediamo e ci stiamo impegnando a vivere, caratterizzati dai ritmi piuttosto veloci e stressanti . Rischiamo anche noi di essere travolti da affanni e preoccupazioni, come Marta di essere agitati (l’altro verbo usato “thorybos” significa essere nel chiasso, nel rumore) e perdere ciò che è veramente necessario per la nostra vita.

Marta è affogata dalla preoccupazione di ciò che deve fare, non è solo distolta dall’ascolto del Maestro che ha accolto nella propria casa con tanta cura e gioia, ma in questo suo affannarsi riesce comunque a fare un passo in avanti nella fede, proprio così, perché si rivolge al Signore, si mostra nella sua verità, debolezza e incomprensione nell’atteggiamento del Maestro; le sue parole lasciano trasparire un senso di superiorità nei confronti della sorella, in fin dei conti lei si sente nel giusto: ha accolto Gesù e ora sta compiendo molti servizi per offrirli il meglio di sé, Maria sua sorella, non la sta aiutando. Marta va da Gesù e domanda perché, perché non intervieni, non ti importa, non vedi che sono affaticata ? non vedi che sto cercando di dimostrarti con le mie opere quanto sei importante per me? Marta rivela un atteggiamento di confidenza con il Signore e in un certo senso sembra anche domandargli che cosa sia realmente importante, che cosa “importi” a Gesù. Gesù non la rimprovera, ma pone Marta dinanzi alla verità: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno», c’è una sola cosa necessaria, il resto è relativo, o meglio viene di conseguenza: cercate prima di tutto il Regno di Dio, dice Gesù in altri passi del Vangelo, cercate il dono dello Spirito Santo, cercate di accogliere e custodire la Parola che vi è stata donata: è sulla Parola di vita che si costruisce la casa che rimane salda anche nella tempesta e negli affanni quotidiani, essa è la roccia che ci sostiene, è la “bussola” che orienta il nostro cammino personale e della fraternità: è mediante l’ascolto attento della Parola che possiamo compiere scelte importanti.

Gesù non pone a confronto le due sorelle entrambe in cammino sulla via del Bene, ma indica ciò che è meglio, dice a Marta quali sono le priorità: mettersi ai piedi del Signore, cercare un rapporto personale con Lui, solo dopo che lo abbiamo conosciuto, ascoltato possiamo fare qualcosa per Lui, prima di cose da fare, opere buone da compiere Gesù cerca un rapporto con noi.

Questo brano ci pone dinanzi alla necessità di porre al fondamento della nostra vita e della vita della fraternità l’ascolto della Parola, si costruisce la nostra vita e la vita della fraternità a partire da questo ascolto, è quanto dice anche la vostra Regola ai numeri 4-5: “secondo l’esempio di san Francesco di Assisi, il quale fece di Cristo l’ispiratore e il centro della sua vita con Dio e con gli uomini … i francescani secolari si impegnino ad un’assidua lettura del Vangelo, passando dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo. I francescani secolari, quindi, ricerchino la persona vivente e operanti di Cristo nei fratelli, nella Sacra Scrittura, nella Chiesa e nelle azioni liturgiche. a fede di S. Francesco che dettò queste Parole: «Nient’altro vedo corporalmente in questo mondo dello stesso altissimo Figlio di Dio se non il suo santissimo Corpo esantissimo Sangue», sia per essi l’ispirazione e l’orientamento della loro vita eucaristica.” E’ questo che sostiene il nostro cammino, ed è alla base del nostro rapporto con il Signore sia personale che nella vita della fraternità, alla base di ogni scelta che farete. Forse anche voi in questo tempo di preparazione al Capitolo, in questa fase di passaggio, state vivendo l’affanno e la preoccupazione, avrete domande, dubbi, progetti da presentare al Signore, vi starete chiedendo come ripartire come fraternità.

E’ importante rivolgersi al Signore, presentare a Lui i nostri “affanni” …. anche a noi oggi come un giorno a Marta, rivolge le stesse Parole non con tono di rimprovero, ma ci esorta a camminare nella fede a domandare a Lui, a custodire e alimentare la nostra vocazione, il nostro sì a Lui, con impegno e responsabilità. Ricordare, fare memoria del cammino percorso, di quanto il Signore ci ha donato personalmente e come fraternità è un atteggiamento che ci aiuta a prenderci cura della nostra vocazione, e a ravvivare la nostra adesione a Lui, quanto abbiamo professato.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci rimanda anche ad un altro aspetto preso come modello anche da san Francesco nella Regola degli eremi, in questo caso, come nel brano evangelico, le figure di Marta e Maria sono in correlazione: la prima è colei che si prende cura impegnandosi a servire, come una madre ama e si prende cura di quanti gli sono affidati, Maria rappresenta l’ascolto, il servizio della preghiera, il donarsi nell’accogliere. Prendersi cura e accogliere, ascoltare sono atteggiamenti importanti per il nostro rapporto con Il Signore e per la vita della fraternità. Marta e Maria sono due figure che nel corso del tempo sono state poste quasi in contrapposizione, ma in realtà non vi è un insegnamento sulla vita contemplativa o attiva come a volte avrete ascoltato, ma indicano due atteggiamenti importanti che hanno come fondamento l’ascolto della Parola, un rapporto personale con il Signore da cui poi scaturiscono opere buone, ascolto attento che ci insegna a prenderci cura gli uni degli altri secondo le Parole lasciate da Gesù: “Questo è il mio comandamento che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12)